Tecniche di implantologia quando manca l'osso | Studio Sainati
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Tecniche di implantologia quando manca l’osso: le alternative alla rigenerazione ossea

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Oggi è possibile eseguire interventi di implantologia anche in pazienti gravemente atrofici, ossia quando manca l’osso su cui innestare l’impianto. L’assenza o la scarsità di tessuto osseo, infatti, non precludono in assoluto il posizionamento di impianti dentali. Per tornare a conquistare il sorriso e una masticazione corretta grazie a un impianto quando manca l’osso, occorrono però tecniche particolari di implantologia.

Il trattamento più comune quando manca l’osso è la rigenerazione delle creste ossee. Si tratta di una procedura ormai di routine in cui l’osso perduto viene rigenerato attraverso l’uso di materiali biocompatibili. A conti fatti, è una procedura che aumenta artificialmente la presenza dell’osso, altrimenti mancante, su cui montare l’impianto convenzionale.

Benché sia una tecnica consolidata, la rigenerazione ossea spesso spaventa il paziente. Le preoccupazioni sono varie: la lunghezza dell’intervento e il discomfort sono solo alcune di queste. Senza dubbio la rigenerazione del tessuto osseo gioca un ruolo chiave, ma abbiamo una buona notizia: non è l’unica strada che si può percorrere quando manca l’osso!

Ogni paziente, infatti, ha una storia clinica tutta sua, e non sempre la rigenerazione delle creste ossee è la soluzione migliore. Nel tempo si sono sviluppate nuove e diverse tecniche chirurgiche per il posizionamento degli impianti dentali quando manca l’osso, senza dover per forza ricorrere alla terapia rigenerativa.

In questo articolo ci soffermiamo proprio sulle alternative alla rigenerazione ossea per dare un quadro completo e altamente clinico delle possibilità per un intervento di implantologia quando manca l’osso.

Impianti corti

Un’opzione molto più semplice della rigenerazione ossea sono gli impianti corti. Il nome stesso rivela la loro caratteristica principale: essere più corti della media. Per impianto corto si intende infatti un dispositivo di lunghezza uguale o inferiore agli 8 millimetri, dunque in grado di attecchire anche quando la presenza di osso è limitata.

Alcuni articoli hanno inizialmente screditato questo metodo. Per esempio, era stato sottolineato il rischio di una riduzione eccessiva del rapporto tra l’impianto (la parte inserita nella gengiva) e la corona (i “denti nuovi”), con un conseguente fallimento dell’impianto. Tuttavia, una revisione sistematica del 2007 (Blanes et al) ha escluso la correlazione tra eventuali complicanze tecniche e il rapporto impianto/corona.

In altre parole: questo studio, altri studi clinici e revisioni successive hanno stabilito la funzionalità e la sicurezza dell’impianto corto quando manca l’osso. I risultati clinici a medio e lungo termine degli impianti corti sono infatti analoghi ai risultati degli impianti convenzionali con procedura di aumento dell’osso. La differenza è un iter meno lungo per il paziente.

Impianti inclinati

Un’ulteriore soluzione implantare adatta quando manca l’osso è costituita dagli impianti inclinati. Questa ha avuto un particolare slancio dopo la pubblicazione del protocollo di implantologia All on 4, ossia lo studio di tecniche mini-invasive per interventi di implantologia computer-guidata quando manca l’osso.

La particolarità degli impianti inclinati è indicata dal nome stesso. Questi, infatti, vengono inseriti diagonalmente in modo da poter sfruttare al massimo l’osso presente, soprattutto quando è scarso. Il particolare orientamento degli impianti inclinati permette quindi di superare dei limiti anatomici e dare maggiore stabilità al sistema protesico nelle situazioni in cui un impianto tradizionale sarebbe difficile da posizionare.

Milioni di pazienti hanno ricevuto questo tipo di riabilitazione basata sull’utilizzo di impianti inseriti inclinati per sfruttare i volumi ossei residui. Vi sono stati inoltre numerosi studi per verificare i benefici di questa tecnica che, ormai, ha raggiunto follow-up importanti nei lavori pubblicati in letteratura.

Impianti zigomatici

Se ci rivolgiamo verso soluzioni chirurgiche più invasive, ma che comunque non necessitano di rigenerazione, occorre citare anche gli impianti zigomatici. In origine, questo metodo si è sviluppato per i pazienti sottoposti a resezione mascellare a causa di condizioni maligne. A oggi, però, è in ascesa anche su pazienti semplicemente affetti da atrofia mascellare, ossia con un ridotto volume osseo dovuto ad altri fattori.

Rispetto agli impianti corti e agli impianti inclinati, gli impianti zigomatici restituiscono tuttora alcune complicanze particolarmente disagevoli per il paziente. Per esempio, sono stati segnalati casi di parestesie, sinusiti mascellari e problemi oculari. Quando manca l’osso e si rende necessaria o consigliabile questa tecnica, è quindi importante che l’implantologia zigomatica passi dalle mani di chirurghi orali o maxillo-facciali esperti.

E quindi, quale impianto scegliere quando manca l’osso?

Non passare dalla rigenerazione del tessuto osseo prima di eseguire un impianto permette di ridurre i tempi e il discomfort per il paziente. Questa scelta, però, deve essere accuratamente soppesata dal medico dentista. Impianti corti, inclinati e zigomatici sono valide opzioni a breve e medio termine per non passare dalla rigenerazione. Come sempre, occorre prima sottoporsi a una visita approfondita per poter scegliere la strada più adatta a ogni caso specifico.

>> Leggi come funziona un impianto dentale

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